Diari Quinto Incontro del ciclo “Conversazioni dal Sud. Pratiche politiche, educative e di cura”
L’atmosfera di integrità e di accoglienza che ho respirato in questo quinto e ultimo incontro, mi ha colpito e rincuorato molto.
Un dialogo fecondo e generativo, da prospettive differenti tra loro, ma non per questo svalutanti o escludenti.
La sorellanza e la fratellanza universale non possono prescindere dal dialogo, dall’incontro, dallo scontro, dal conflitto, perché solo attraverso queste pratiche, possiamo riconoscerci e riscoprirci tutti fratelli e sorelle.
In questo incontro, ma anche in quelli precedenti, ho percepito proprio come il dialogo sia una via possibile per decostruire, ma anche per (ri)costruire: un dialogo che richiede ascolto e autenticità, un dialogo che interpella ognuno di noi in ogni contesto nel quale ci troviamo e in ogni situazione che viviamo. Mi ha fatto molto riflettere il consiglio che la comunità buddista ha dato ai propri membri, di esserci, di vivere e dialogare con chi è in loro prossimità, non solo con chi condivide la loro religione, ma con chi hanno accanto. Questo è essere in frontiera, questo è educare al senso di realtà e di possibilità!
Questa pratica è faticosa, lo dico proprio partendo da me… Per natura sono portata a ricercare chi mi è simile, chi condivide ideali, magari che vive la mia stessa fede religiosa, piuttosto che sostare con chi mi trovo accanto quotidianamente. È una bella sfida, che quando mi decido a portare avanti, indubbiamente ne esco più ricca, meno spaventata e un po’ più consapevole di chi sono io!
Concludo con la provocazione della teologa Lucia Vantini, che è quella di coltivare sogni dentro il limite, unico modo per sostare nel limite, sogni che possono essere coltivati ad ogni età e in ogni situazione. In questa situazione attuale, di limite e frontiera, nella quale ci troviamo a vivere, che sogni riusciamo a coltivare? Io a volte, mi sento smarrita a riguardo e devo custodire e proteggere la speranza che ho coltivato fin d’ora per non farla appassire e far sì che porti frutti e sogni! Cercherò comunque di fare mia la pratica di sostare nelle relazioni di prossimità.
La parola che scrivo, a conclusione di questo ciclo di conversazioni, è RE-ESISTERE, che ci aveva donato il prof. Fleuri durante il secondo incontro. Perché è necessario cercare di costruire una esistenza nuova e possibile, non solo di resistere rispetto a ciò che vorrebbe annientarci, nel resistere, ri-esistere!
Grazie a tutti coloro che hanno partecipato, donandoci riflessioni ed esperienze appassionate ed appassionanti.
Laura Santinelli, studentessa dell’Istituto Universitario Progetto Uomo
Devo dire che un po’ mi dispiace che gli incontri “Conversazioni dal Sud” siano arrivati a termine; sono stati incontri magici, pieni di spunti di riflessione su cosa vuol dire stare in relazione con l’altro in modo planetario, in ottica di connessione e non di inclusione…
Vorrei portare con me alcune parole che mi hanno toccato e fatto riflettere molto; connessione, fratellanza e sorellanza planetaria, femminismi, decolonizzazioni, linguaggio decolonizzato, ancestrali, etica dell’alterità, interculturalità, forestosofia, coscienza collettiva…
Concludo riportando un detto tibetano dall’ultimo incontro, molto profondo che secondo me include il senso di questi incontri “se accendiamo un fuoco per gli altri, illuminerà anche la nostra strada”.
OBRIGADA!
Hassania Lakrad, studentessa dell’Istituto Universitario Progetto Uomo
Siamo all’ultimo incontro delle conversazioni del sud, andiamo ad affrontare alcune domande tra le prime: cosa si può intendere per fratellanza/sorellanza? Lucia Vantini ci parla di queste due parole come una forza inimmaginabile, ci porta degli esempi molto forti, rivoluzionari che testimoniano sempre l’importanza della fratellanza soprattutto in momenti storici difficilissimi. Nella prospettiva religiosa il significato della fede si lega alla fraternità, dando corpo allo spirito, carne alla materia. In un altro intervento ci viene ricordato che in questa vita siamo tutti uguali, sia che siamo esseri umani, sia che siamo animali ognuno di noi su questa terra fa il proprio percorso e non dovrebbe avere l’interferenza di nessuno. Passiamo poi ad affrontare un’altra domanda: cosa ostacola la fratellanza/sorellanza? Dobbiamo ovviamente renderci contro che la fratellanza è elemento essenziale che dovrebbe esserci tra tutti gli esseri umani, ma purtroppo l’individualismo porta all’oblio, all’oppressione e alla soggezione dell’altro. Altra domanda che ci si pone è: qual è l’apporto delle religioni alla creazione della fratellanza/sorellanza? Tutte le religioni ci ricordano che non dovremmo fare all’altro ciò che non vorremmo fosse fatto a noi. Il dibattito poi viene fatto con coinvolgimento di tutti, dove si parla dell’educatore come figura di cambiamento del futuro, i volontari che si impegnano per attivarsi al cambiamento. Un incontro molto importante che ci dà la possibilità di poter comunicare e capire i diversi punti di vista che attraverso le esperienze di ognuno forniscono una lettura che va verso un’unica voce, il cambiamento va fatto educando al limite, coltivando i sogni, dobbiamo imparare a metterci in ascolto dell’altro. Molto intensi gli interventi che hanno coinvolto sempre in ogni incontro, la fratellanza e la sorellanza è iniziata già attraverso questi incontri che hanno posto in essere pensieri e condivisioni che fanno ben sperare per il futuro.
Livia Crescia, studentessa dell’Istituto Universitario Progetto Uomo
La sintesi di questo ultimo incontro si può riassumere in un unico messaggio: fratelli e sorelle tutti in quanto figli e figlie di un’unica terra madre. Quindi dobbiamo sentirci in un macro cosmo e risolvere problemi globali in modo globale. Di nuovo ci si sente in un contesto universale, senza alcuna differenza, senza alcuna appartenenza, sia religiosa che politica che di genere. Al contrario occorre impegnarsi applicando quelle pratiche di “popolarismo” mirate a combattere situazioni di ingiustizia sociale, povertà, guerra, volte contro tutto ciò che minaccia la dignità umana. “All’artigianato della Pace” si deve lavorare tutti insieme. Unica umanità, unica terra.
Tiziana Puzzovio, studentessa dell’Istituto Universitario Progetto Uomo
Concludere questo ciclo di incontri con un tema come quello di fratellanza/sorellanza è stato un po’ come mettere la famosa ciliegina sulla torta.
Risulta ancora una volta centrale il tema dell’unione e della vicinanza con l’altro.
Una vicinanza che forse un po’ abbiamo perso, sia per la situazione mondiale attuale che per una serie di ideologie che ormai ci accompagnano, come quella che abbiamo ripetuto spesso, ossia la paura dell’alterità.
Stare insieme all’altro significa accoglierlo e condividere quello che si ha, con un’importanza particolare da attribuire al rispetto, per tutte le persone, senza evitare di considerare le differenze di ognuno.
Riconoscersi nell’altro.
Come Dio che non vede e distingue il bello il brutto ma illumina tutte lo stesso modo.
Le differenze non sono tanto quelle della religione quanto quelle che ci sono nei cuori delle persone.
Ed è stato bello mettere in risalto che l’uomo è fatto per stare in relazione agli altri, pensiero comune un po’ in tutte le religioni.
Alessia Vecchioni, studentessa dell’Istituto Universitario Progetto Uomo
In questo ultimo incontro del Ciclo Conversazioni del Sud si è parlato molto di Fratellanza e Sorellanza tra i membri di questa umanità. A fare da sfondo a questo tema è stata proposta l’Enciclica sulla fraternità di Papa Francesco. Il documento pontificio ha cercato di offrire a tutti gli uomini opportunità e mezzi per realizzare un mondo più giusto e anche di promuovere un’ispirazione alla fraternità mondiale. La parola del Papa è contro una cultura indifferente verso i deboli dove occorre farsi vicini al prossimo, superare tutte le nostre barriere e i nostri pregiudizi. Mi ha colpito molto che in quasi tutto l’incontro si sia parlato di amore, un amore che costruisce ponti e non muri e dove l’educazione può aiutare a realizzare questa fratellanza. L’educatore è per sua natura un “traghettatore”, portatore di questo amore che permette di superare ciò che divide, è generatore di aiuto a chi è nel bisogno e promuove un legame tra tutti soprattutto con chi è diverso da noi. L’educazione è l’espressione più alta del prendersi cura da cui ne consegue un arricchimento continuo e reciproco di sé stessi e del mondo in tutte le sue manifestazioni. Le metafore buddiste menzionate dal professor Roberto Minganti parlano di fuoco, di luce che se fatta nella propria vita di conseguenza porta luce inevitabilmente anche agli altri. È un po’ quello che io vorrei realizzare portando avanti questo mio piano di studi e anche attraverso la mia esperienza personale per portare il mio piccolo contributo alla costruzione di questa fraternità globale.
Ringrazio cordialmente per la possibilità che mi è stata offerta di partecipare a questi incontri, di ascoltare i contributi e le esperienze dei docenti che sono intervenuti i quali hanno contribuito a farci sentire parte di un “tutto” dove basta anche un semplice gesto o una parola per renderlo migliore.
Maria Stabile, studentessa dell’Istituto Universitario Progetto Uomo
Il richiamo sul tema della fraternità e sorellanza in questo ultimo incontro mi porta a elevare lo sguardo verso una concezione ancora più profonda ed esistenziale sul senso del nostro ruolo nel mondo, in relazione a noi stessi e agli altri. La connessione che rafforza il legame tra il concetto di fratellanza e sorellanza e la religione mi apre uno scenario su alcune riflessioni che mi convincono che l’essere umano è portatore di valori inestimabili e universali. Riuscire a promuovere, nelle nostre pratiche e azioni quotidiane, la cura nei riguardi dell’altro, una cultura alla gentilezza, una coscienza e un’attenzione all’aiuto supera quella visione parcellizzata e parziale della società che parte da posizioni politiche, liberali spesso molto distanti dai bisogni del “popolo”. Il presupposto di immaginarsi “educatori dell’umanità” mi riconnette molto, come un filo rosso, ai significati degli incontri passati: nutrire le nostre fragilità che molto spesso la società moderna ci induce ad anestetizzare. Ascoltare la parte più vulnerabile di noi può farci comprendere in profondità le fragilità del contesto storico che viviamo superando le barriere dei pregiudizi, per comprendere al meglio i processi critici che viviamo ogni giorno. Come afferma il professor Minganti è importante prendersi cura di noi stessi per ricercare la nostra pienezza ed essere poi predisposti a prendersi cura della collettività, in una rete che alimenta la mutualità.
Un’altra chiave di lettura offerta dalla professoressa Vantini è l’immagine generativa che definisce che, ancor prima di essere sorelle e fratelli, siamo figli e figlie. Questa prospettiva educativa mi illumina nel mio cammino di educatrice, di donna e di mamma. “Educare alle possibilità”: trovo che sia il concetto più ricorrente da sperimentare concretamente nelle nostre piccole pratiche di esperienze relazionali, partendo dal nostro vissuto. Si può credere nella forza dell’interdipendenza, del dialogo, della cultura al cambiamento, della condivisione, della partecipazione e della speranza centrata sul noi e non su sterili desideri individualisti e materialisti che offuscano il nostro tempo e la nostra costante ricerca umana, educativa e esistenziale.
Sara Fusco, studentessa dell’Istituto Universitario Progetto Uomo
A conclusione di questi incontri, posso dire che ascoltare storie e riflessioni di testimonianze vive e ideali incarnati mi ha fatto sentire coinvolta e disponibile alla ricerca e all’apertura a quell’inedito possibile che appartiene a tutti gli orizzonti, anche al mio, grande o piccolo che sia.
Ripensando anche al titolo del percorso, Conversazioni dal sud, mi appare chiaro che il sud non sia solo un luogo geografico ma anche uno spazio-tempo generativo di possibilità, resistenza, contaminazione, libertà, speranza, sorellanza e fratellanza. Ciascuno di noi ha, per citare una canzone di Vinicio Capossela, una propria camera a sud, un luogo d’incontro e di dialogo in cui poter sostare e dal quale potersi affacciare per riflettere in maniera critica sull’orizzonte di possibilità che gli si dipana davanti.
In questo ultimo incontro si parla di sorellanza e fratellanza. Ascoltando le riflessioni dei relatori, il pensiero che più risuona in me è che siamo fratelli e sorelle perché siamo figli e figlie, c’è un “sì” dal quale siamo dipendenti, e questo sì ha anche a che fare con la risposta che ognuno dà alla domanda che intimamente la vita a ciascuno pone. Pronunciare questo sì significa accogliere l’umanità così come essa si presenta: ancestrale, multiforme, vulnerabile, contraddittoria, misteriosa, profondamente interconnessa e interdipendente sia nel micro che nel macro.
La parola che mi porto a casa, pronunciata dal professor Colares nel secondo incontro, è “corpo speranzoso”. La professoressa Vantini, al termine di questo incontro, chiede: con quali pratiche io so stare al limite e allo stesso tempo educo, dentro il limite, a coltivare sogni?
Mi piace l’idea che l’educazione abbia a che fare proprio con questo: incarnare e trasmettere speranza. La speranza è un seme che, anche nelle difficoltà, riesce a far fiorire sogni e desideri autentici che accendono e sostengono la passione che dà forza e vigore al cammino e al cambiamento.
Veronica Lazzari, studentessa dell’Istituto Universitario Progetto Uomo